presso Monastero Dominus Tecum Pra’d Mill (1/9/2024)
Mc 7,1-8.14-15.21-23
Dal Vangelo secondo MarcoLa Parola che ci è consegnata oggi è una parola difficile, una parola che provoca e mette in luce tutte le nostre ipocrisie. Certo potremmo pensare che sia una parola non tanto piacevole da ascoltare in un giorno di festa, poiché sembrano parole più di rimprovero che di gioia e consolazione. Ma non dobbiamo fermarci all’apparenza! Interroghiamo piuttosto la Scrittura provando a vedere quale benedizione il Signore riserva per noi oggi.
Si parla di tradizione e la tradizione nasce quando ci si imbatte in qualcosa che dona vita, si fa una esperienza di qualcosa di bello e si desidera ripeterla nel tempo perché di quei frutti si possa godere ancora. C’è un rischio… quello di voler fossilizzare la vita in una unica esperienza, ma bene o male la tradizione offre dei criteri per avanzare nel cammino.
Ora ascoltando questa pagina di Vangelo mi tornava l’espressione di Cicerone “o tempora o mores”… che tempi e che costumi che a volte viene utilizzata in tono ironico o sarcastico per criticare lo stile di vita dei tempi presenti non più corrispondenti ai criteri che si hanno. “non c’è più rispetto, non ci sono più valori… tutto oggi sembra andare alla deriva… non come i vecchi tempi”. Ma senza farla troppo catastrofica possiamo dire che simile è l’atteggiamento di chi si lamenta di un tempo presente che non sembra essere all’altezza delle aspettative che una “tradizione” ci ha offerto.
In fondo questa mi sembra la reazione degli scribi e dei farisei di fronte a quanto vedono fare da parte dei discepoli di Gesù. Non si comportano secondo la “tradizione”, secondo gli usi e i costumi delle antiche generazioni! È messo a rischio di qualcosa di vitale?
Non possiamo dire di essere al sicuro da questa tentazione. Qualche volta anche noi ci saremo trovati a giudicare la realtà presente criticandola come non adeguata, mettendola a confronto con quella “forma” che abbiamo ricevuto un tempo… che un tempo ci aveva dato vita… ma dobbiamo dircelo… per quanto sia per noi fonte di rassicurazione, è una “forma” che appartiene ai tempi passati!
Il rischio di piangersi addosso o di rimproverare gli altri, la società, i giovani perché le cose non vanno più secondo criteri e forme di un tempo è sempre presente. O forse possiamo anche trovarci a non giudicare le persone ed i costumi contemporanei, consapevoli di non essere migliori e di non aver assolutamente diritto di giudicare gli altri, ma coltiviamo nel fondo del cuore una tristezza o una nostalgia dei tempi passati, nei quali ci sembrava che tutto andasse meglio o che ci fosse “vita” per noi… una vita che oggi non riusciamo a vedere, a cogliere ed accogliere nelle pieghe di una vita ordinaria che sembra viaggiare su un binario che è tanto lontano da Dio o da quella vita che avevamo sperimentato in abbondanza, o che ci aspetteremmo di dover trovare qui ed ora.
E questo non avviene solo guardando la società attorno a noi… ma il rischio di ripiegarsi su di sé può avvenire anche vedendo le vicende che coinvolgono la nostra stessa piccola cerchia familiare o comunitaria. Nulla è più come un tempo… oppure non c’è più quanto mi attenderei da questa realtà…
Ipocriti! È la parola sferzante con la quale il Signore Gesù vuole risvegliare le nostre coscienze. Una parola non piacevole da sentire ma che dice una verità… quella che significa questa stessa parola: incapaci di giudicare, incapaci di un discernimento.
Spesso quando questa parola viene utilizzata la connotiamo in modo sprezzante… giudicante. Mi riesce però difficile immaginare Gesù utilizzare questa parola in modo freddo e distaccato, o addirittura tagliente, e non volta a prendersi cura anche del cammino di questi scribi e farisei, o del fariseismo che abita anche il nostro cuore.
Se provassimo ad ascoltare questa parola come una parola che ci è rivolta da Gesù con amore paterno, coglieremmo la preoccupazione e la tenerezza di chi vede i propri figli prendere delle cantonate e li esorta ad aprire gli occhi. È un po’ come il rimprovero che Gesù rivolge ai discepoli di Emmaus quando li richiama a rileggere la realtà da una angolatura diversa: stolti e tardi di cuore…
Rischiamo infatti di indossare degli occhiali con dei filtri che rischiano di farci dimenticare una verità fondamentale che le letture di oggi ci ricordano: Dio è vicino, è “l’eterno presente”, e accompagna i nostri giorni, i nostri passi. Ma ce ne rendiamo conto solo quando i nostri occhi si rivolgono a Lui:
quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? … ogni volta che lo cerchiamo, ci rivolgiamo a Lui
E Giacomo ci ricorda che la volontà di amore del Padre ci tiene in vita e che da Lui viene ogni dono perfetto.
La vita c’è ed è donata ogni istante, in abbondanza. Però un velo di impurità rischia di depositarsi sulle lenti dei nostri occhiali e ci spinge a guardare il mondo con sospetto spingendoci a difendere la vita per noi, a possederla, a strapparla e a rubarla:
dal cuore degli uomini escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza.
Che cosa sono queste intenzioni cattive se non reazioni che nascono dal cuore a partire da uno sguardo non puro sul mondo e sulla realtà? Da cosa nascono queste intenzioni cattive se non dalla paura che una vita ci sarà privata, negata? Allora il nostro cuore si infiamma di bramosia volendo trattenere ad ogni costo per sé affetti, nutrimento, denaro, potere… tutto questo nasce perché ci dimentichiamo che
Ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce.
Gesù oggi ci invita a cambiare sguardo! Ci invita a purificare il nostro cuore avendo il coraggio di abbandonare criteri antichi per giudicare la realtà, criteri di una vita che è già stata vissuta, criteri che possono sembrarci anche veri, giusti e sacrosanti… ma che rischiano di renderci impermeabili all’agire di Dio. Gesù, con le sue parole sferzanti, vuole scuoterci dal torpore e ci esorta a provare, ad osare cercare quei segni di vita nuova che stanno nascendo, che ci narrano della bontà di Dio e che ci fanno intravvedere il regno dei Cieli avanzare in questo mondo! Invitati ad osare dei passi pure se questi possono sembrarci insicuri e goffi per strade che non ci sono familiari.Ci sono nuovi germogli che Dio suscita e continua a suscitare oggi! Germogli di vita apparentemente timidi, silenziosi, ma che nascono qui e lì e si mostrano a coloro che li cercano.
Germogli che saremo capaci di cogliere solo custodendo la curiosità per una Vita nuova, solo se non ci accontenteremo di dimorare nelle nostre convinzioni, solo se avremo il coraggio di lasciarci scuotere nelle nostre sicurezze, solo se coltiveremo serenamente una sana inquietudine, quella di chi sa che il “qui e ora” non è il tutto della nostra vita.
Carlo Maria Martini diceva “l’importante è che impariate ad inquietarvi. Se credenti, a inquietarvi della vostra fede, se non credenti a inquietarvi della vostra non credenza”… facendosi continui cercatori di germogli di vita.
Sarebbe bello allora nel cuore di questa celebrazione, nel momento di silenzio che faremo tra poco, provare a pensare a quali germogli intravvedo nascere nella mia vita… quale segno di vita si rende presente nel mio ordinario? Custodendo lo stupore nel cuore, uniamo la nostra gratitudine al pane e al vino che offriremo per rendere grazie… e dimoriamo nella gioia e nella pace, facendo nostre le parole del popolo d’Israele
“quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi, ogni volta che lo invochiamo?”
Dominus tecum, il Signore è con noi
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