PROFUMO DELLA CARITA’

Il servizio trova due modelli fondanti nel Vangelo. Da una parte Gesù nella lavanda dei piedi: “Servire in ogni persona Gesù, portare in ogni servizio lo Spirito di Gesù”. Dall’altra Maria che, ricevuto l’annuncio, “si alzò e andò in fretta” da sua cugina Elisabetta: un servizio che si fa con prontezza, disponibilità e gioia.

Sono due immagini che ci indicano lo stile della carità. Gesù che si china ci ricorda che servire significa abbassarsi, riconoscere la dignità dell’altro e amarlo concretamente. Maria che parte senza indugio ci ricorda che il servizio non è mai rimandato, ma nasce dalla gioia di un cuore abitato da Dio, e per questo diventa dono pronto, gratuito, generoso.

Mi viene in mente l’icona del profumo perché da un lato richiama il nostro rapporto con Dio esprimendo la presenza dell’Invisibile: non lo vediamo, non lo tocchiamo, ma lo percepiamo.

Nello stresso tempo richiama le relazioni che intessiamo con le persone. Un particolare profumo ricorda una determinata persona o ne fa ricordare la presenza e la piacevole compagnia; preannuncia l’arrivo della persona amica e ne evoca la presenza se è assente.

Inoltre, il profumo è collegato in modo tutto particolare alla donna. La donna sa che l’uso del profumo è connesso all’amore. Il significato del profumo è duplice: nella preghiera esprime la lode e la supplica, nella quotidianità della nostra vita manifesta l’esultanza e l’intimità.

L’amore di Dio per gli esseri umani, per l’anima sposa, è descritto nel Cantico dei cantici, in una invasione di profumi…

Il simbolismo dell’incenso e del profumo dice una storia di oblazione totale: accettare di consumarsi nel fuoco per liberare la fragranza che sale al cielo; perdersi nell’ambiente circostante per tonificarlo. Questo accettare di consumarsi e di perdersi sono le qualità che ci aiutano a cogliere il senso della vita consacrata che, se è di buona qualità, profuma tutta la casa, la Chiesa, il mondo.

Il profumo nella vita di Gesù

Il profumo aleggia nell’aria nei momenti chiave della missione di Gesù.

  • Alla sua nascita, i magi carichi d’oro depongono ai piedi del nuovo nato l’incenso e la mirra, è l’omaggio all’Uomo-Dio che non è che un neonato.
  • C’è poi la vicenda della donna detta “peccatrice”. I cultori della legge non la considerano in odore di santità. Arriva con del profumo in casa del fariseo che ha invitato Gesù a pranzo. Questa donna non ha paura di niente. Piange calde lacrime. Davanti a tutti, bagna i piedi di Gesù e li copre di baci. È il suo modo di manifestare il suo amore pentito. Usa un profumo di provenienza indiana, molto prezioso (300 denari che è il corrispondente di quasi un anno di lavoro per un lavoratore a giornata.) ben superiore ai 30 pezzi d’argento (120 denari) con cui viene “valutato acquistato e venduto” Gesù. La donna lo avrà preparato per qualche cosa di speciale, e lo avrà usato con parsimonia, per farlo durare a lungo, tenendolo in serbo per qualche occasione particolare. Lei, che ha visto passare tanti uomini nella sua vita, vede in Gesù un Uomo diverso.
  • Un altro profumo di donna. Questa volta si tratta della sorella di Lazzaro, verosimilmente virtuosa: Maria di Betania, amica di Gesù. Ella ripete lo stesso gesto della cortigiana, ma con più ritegno: né pianti, ne baci, ma solamente il profumo come essenza dell’amore.
  • Infine, appare una terza donna che la tradizione giudica poco raccomandabile, il mattino di Pasqua Maria di Magdala arriva con i suoi aromi per imbalsamare il corpo di Gesù, quando non resta più nulla da fare se non amare.

Tre donne, tre profumi, un unico messaggio: l’amore gratuito non si misura in utilità, ma lascia una traccia che dura. Il Vangelo ci parla di donne che hanno saputo amare con gesti di profumo. Sono gesti che non risolvono la fame, la povertà, i problemi concreti. Eppure, hanno una forza che cambia la storia: il loro profumo rimane perché nei gesti di queste donne sono racchiuse le storie di vita, i rapporti, gli incontri di sofferenze condivise e di speranza.

E’ importante approfondire e mantenere la consapevolezza dei vari profumi

  • Profumo di amore senza limiti: un amore teso a dare tutto di sé e per sempre (primato di Dio)
  • Profumo di amore di tutta la propria persona che non si lascia condizionare da ciò che fanno o non fanno le altre e pieno di vitalità che non si lascia fermare da chiusure, egoismi e calcoli (vita fraterna)
  • Profumo di un amore attivo che riesce a creare nuovi gesti, quelli adeguati e necessari alle varie situazioni, ai differenti momenti storici e che diventa un annuncio che perdura nel tempo (zelo apostolico).

Il profumo della carità oggi

Il Vangelo ci invita a trasformare il servizio in esperienza che accompagna e fa crescere. Non basta dire: “ti do il pane”. La vera carità è: “ti accompagno, ti restituisco la dignità”. Non basta alleviare una sofferenza: occorre accendere speranza.

Le disuguaglianze di oggi ci mettono davanti a volti nuovi: non solo senzatetto, ma migranti, famiglie spezzate, italiani che mai avrebbero immaginato di trovarsi a chiedere aiuto ecc. Possiamo rispondere a tutti con lo stesso modello di dieci anni fa? O è tempo di ripensare la carità come accompagnamento, non come semplice assistenza?

Ai migranti offrire un percorso di dignità, formazione, inserimento. È profumo della carità perché non si limita a dare risposte immediate, ma costruisce ponti, genera futuro, valorizza le risorse di ciascuno.

La carità non è un surrogato affettivo, non è rifugio emotivo. È responsabilità. È formazione. È saper ascoltare senza lasciarsi travolgere, senza giudicare, accompagnando anche con regole chiare, tempi definiti, obiettività.

Il profumo della carità non è assistenzialismo, ma amore gratuito che lascia segni. È ospitalità che apre non solo le porte, ma anche il cuore. È ascolto che fa sentire riconosciuti, non giudicati.

Riflessioni:

  • Stiamo aiutando i poveri o, in fondo, stiamo aiutando noi stessi a sentirci migliori?
  • Siamo capaci di vedere in ogni difficoltà non solo un problema da risolvere, ma anche una risorsa da valorizzare?
  • I nostri servizi profumano davvero di gratuità? Oppure, anche senza accorgercene, ci aspettiamo di ricevere qualcosa in cambio: gratitudine, riconoscenza, la sensazione di essere indispensabili?
  • Qual è il “profumo” che rimane dopo i nostri servizi? Una scia di speranza, o solo l’impressione di un gesto fatto e concluso?
  • I nostri servizi alleviano soltanto una sofferenza momentanea, o costruiscono futuro?
  • La nostra carità aiuta le persone a camminare… o le abitua a restare ferme?

Conclusioni

Il Vangelo ci ricorda che il gesto di Maria di Betania ha riempito la casa di fragranza. Che le lacrime della peccatrice hanno fatto profumare i piedi di Gesù. Che gli aromi portati al sepolcro sono stati segno di amore anche quando tutto sembrava finito. Così anche noi: i nostri gesti non sempre cambieranno il mondo, ma possono lasciare un profumo che resta.

La sfida, allora, è questa:

quale profumo vogliamo lasciare nella vita delle persone fragili che incontriamo? Un profumo che dura il tempo di un incontro o un profumo che apre futuro, che educa alla speranza, che restituisce dignità?

Il profumo della carità è invisibile, ma traccia sentieri. È silenzioso, ma parla al cuore. È fragile, ma resiste nel tempo. È quello che rimane quando il pane è stato mangiato, quando il piatto è stato lavato, quando la porta si è chiusa.

In questo orizzonte si colloca la riflessione sul profumo della carità. Si diffonde nell’aria, rimane anche dopo che la persona se n’è andata. Così dovrebbe essere il nostro servizio: non soltanto un’azione che risponde a un bisogno immediato, ma un gesto che porta consolazione, speranza, dignità, e che continua a vivere anche dopo che l’incontro è finito.

La carità vera è donare sempre, donare senza aspettare nulla in cambio. All’inizio soffrivo quando le persone che avevo aiutato non dimostravano riconoscenza o non vedevo risultati. Mi chiedevo se fosse valsa la pena. Col passare degli anni ho capito che la carità non è un investimento che deve dare frutti visibili. È un profumo che si diffonde, che spesso non vediamo subito, ma che rimane. E allora i nostri servizi non devono essere misurati in numeri, ma devono essere misurati in tracce lasciate: dignità restituita, speranza riaccesa, semi piantati che forse un giorno daranno frutto, anche lontano dai nostri occhi.

Donare senza misura, donare senza aspettare nulla… questo è lo stile di Gesù.

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